Cave of forgotten dreams - Werner Herzog (2010)


La mia risposta all’ ultima domanda di Herzog è: sì. Scrutando la grotta Chauvet, sì, sono stata sovrastata dal sentimento di un abisso temporale. Proprio come il coccodrillo albino, che in una splendida favola futuribile potrebbe non riconoscere, sulle pareti, i suoi alter ego, quelle fraterne creature aliene. Proprio come l’ archeologo giocoliere, cui Herzog, geniale funambolo della parola, pone le domande perfette… proprio come lui, che dopo cinque giorni di esplorazione ha dovuto fermarsi ed assimilare, atterrito da immagini magiche, “mostruose”, già gravide di tutte le scintille, di tutti i sogni dell’ uomo sulla rappresentazione del mondo: la messa a morte dell’ arte descrittiva, il sorpasso dell’ arte statica, il cinema. Possiamo specchiarci in questi sognatori affrancati dalla Storia (disegnavano, a distanza di migliaia di anni, sopra le opere dei loro predecessori) senza provare vertigine?


Anche “Cave of forgotten dreams”, come quasi tutti i film di Herzog, viene presentato allo spettatore come un’ impresa grandiosa.  Volute e rimarcate le parentesi sulla realizzazione faticosa, ostacolata, epica delle riprese. Solo un’ ora di tempo per cristallizzare un tesoro intoccabile, quattro operatori, materiale esiguo. Ma poi, sorpresa! Il ritorno nella grotta, la riscoperta, attraverso l’ attrezzatura giusta, e tanta testardaggine tedesca, di figure finora lontane e quasi indistinguibili.



(ottobre 2014)

Commenti

  1. Scrivo arrogandomi tutta la responsabilità e la dismisura che tale atto implica di fronte ad una recensione tanto precisa e stilisticamente perfetta. E' stato l'ultimo film di Iñárritu a portarmi qui. Qualcosa mi tormentava durante la sua visione, mancava qualcosa ad un film tanto esteticamente compiuto, che narra un'epica impresa di sopravvivenza e di lotta contro le forze naturali. L'illuminazione l'ho avuta qui, e, per questo, qui ne scrivo. Il film di Iñárritu parla di una natura inaddomesticabile, ma ogni immagine è già addomesticata, masticata, artificiosamente lavorata, masticata dal lavoro artigiano di un grande regista e di ottimi operatori del digitale. C'è uno sforzo di rappresentazione che produce una immensa quinta teatrale che è il vero protagonista del film. Ma in tutto ciò dov'è lo "wilderness"?, c'è un fuori ad un'ambiente tanto artificialmente riprodotto o siamo piuttosto in una scatola che riproduce e imita la natura ma ne ottunde i veri aspetti? Qui, dicevo, ho compreso che cosa manca ad un tale film per farsi capolavoro cioè la dimensione della scoperta, di una telecamera che incede, fatica ad arrivare a vedere, e forse non vede alla perfezione. Non la vista che meraviglia, ma una miopia che angustia. Lo sforzo di rappresentare l'irrappresentabile dell'arte che imita la natura. Una rappresentazione al quadrato che è tale solo per la fatica di inoltrarci in quella grotta e non vedere nitidamente "figure finora lontane e quasi indistinguibili". Non c'è niente di naturale nelle nostre azioni, tutto è convenzione anche quando piazziamo una telecamera in mezzo alla neve del Canada e ci aspettiamo che il paesaggio faccia il suo corso. Herzog, forse insieme a Von Trier, è l'unico artista in grado di riprodurre questa mancanza della natura e del naturale anche quando questi divengono i soggetti del film. Grazie Chiara.

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    1. Anch'io vedendo The Revenant ho pensato ad Herzog. Già prima in realtà, leggendo inevitabilmente qua e là la cronaca delle riprese. Il film non mi ha emozionato, ma ho faticato finora a capirne il perché. Ed ecco che leggendoti mi trovo in sintonia col tuo pensiero così illuminante. In effetti è come se avessi percepito un senso di illuso trionfo, quasi che Innaritu abbia avuto la pretesa di "appropriarsi" della natura, e non di avvicinarvisi per constatarne gli abissi.
      Dopo la visione ho ripensato alla delusione che ho provato poco tempo fa di fronte a quello che è considerato un prodigio naturale. Mi lasciava indifferente e mi chiedevo come fosse possibile. L'ho capito quando mi sono allontanata dalla zona d'osservazione accalcata dai turisti e protetta dalle ringhiere...è sempre necessario trovare il proprio punto di vista sulle cose. Trovato il mio ho sentito ancora delusione, ma una delusione completamente diversa da quella precedente. Era l'avvenuta constatazione del limite, la frustrazione di una visione inevitabilmente parziale. Ho fatto delle foto, delle brutte foto da dilettante, solo affinché mi ricordino la tristezza provata davanti a quella cosa troppo grande e troppo bella. Spero di non essere andata troppo fuori dal seminato con questo racconto personale :)
      Il fatto che tu sia arrivato a scrivere quello che hai scritto (per me sorprendente, davvero) dalle mie poche confuse righe, mi fa un immenso piacere. Quindi, grazie a te.
      Ciao Rocco !

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    2. Pardon nel panico da tastiera per scrivere il nome del regista ho aggiunto una n a caso

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  2. In realtà avevo avuto modo di leggere più volte la tua rece di Cave of forgotten dreams sul blog di Giuseppe, e tanto la trovo perfetta e inappuntabile che potevo scrivere qui solo parlando d'altro. Il film di Iñárritu è stata un'ottima occasione. Credo tu abbia colto precisamente il punto. Da una parte c'è la rappresentazione di una zona di inappropriabilità e il conseguente scacco e senso del limite di fronte ad essa, dall'altra la visione di un regista demiurgo che ha tutto sotto controllo e che anche quando vuole parlare del "fuori" in tutte le sue pieghe più esterne non fa altro che costruire un universo artificiale e mansueto. Come vedi siamo d'accordo. Ciao Chiara.

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  3. meno male che rocco me c'ha mannato

    a leggerti dico

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  4. Ah, scopro adesso che era addirittura tra le rece che "avevo" scelto per parlare del tuo blog

    questo vuol dire due cose

    1 ero stato bravo a scegliere

    2 ho l'Alzheimer

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    1. Giusé ma perché non mi arrivano le notifiche SOLO quando scrivi tu nel mio blog? Secondo me perché il blog ti riconosce, lo sa che l'hai quasi creato tu :D

      Comunque grazie, grazie al quadrato, ricordando quando mi pubblicasti così, a sorpresa.
      E' un alzheimer da stress, non ti preoccupà che passa :)

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    2. Oddio, e questa adesso perchè? ma non ti arriva proprio oppure tipo ti arriva una mail di "errore"?

      ahah, per scegliere presi tutte le prime all'incirca tanto do coglio coglio

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  5. No non mi arriva proprio nessuna email. Ho provato anche ad attivare le notifiche, cosa che essendo mio il blog non servirebbe nemmeno. È un mistero ! Però mi salva il gadget "ultimi commenti" ;)

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    1. Che, tra l'altro, come diciamo a Perugia, "te l'ha fatto mettere il bebo"

      (te l'ha fatto mettere il babbo, tipo prendersi un merito)

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