Cirrovagazioni (6) - Si inciampa sulle pietre, non sulle montagne

Uno dei libri che più mi hanno segnato negli ultimi anni è stato “La camera chiara” di Roland Barthes. Saggio alquanto scorretto, personalissimo, intorno alla fotografia. Ponendosi da spettatore, l’autore scrive delle fotografie che più lo hanno colpito e  del perché lo hanno colpito. Quel “perché” lui lo chiama “punctum”. Ciò che punge, in una foto, è un dettaglio, una sciocchezza fondamentale, un nonsoché di cruciale irrilevanza. Spostandoci nel cinema, il punctum può essere una fugace inquadratura, un oggetto, un gesto, un suono. Qualcosa che, nella sua minutezza, sfida la distrazione e trafigge.

Ieri ho visto un grande classico, splendido per tante valide ragioni. A pungermi è stata però una brevissima divagazione: la protagonista ritratta mentre piange nella vasca da bagno. I crolli emotivi da toilette costituiscono uno dei cliché più fortunati del cinema, soprattutto hollywoodiano. Ma siamo davanti ad un film del 1942. Ho intravisto, in quella schiena femminile scossa dal pianto, una nota di preziosa insolenza. E’ un’immagine che denuda, letteralmente, la fragilità rannicchiata del personaggio. Lampo di dolore solitario, intimo, quasi imbarazzato. 
Sono inciampata così, per tanto poco.


Le scapole sono di Simone Simon, il film è “Il bacio della pantera” (Cat People) di Jacques Tourneur. 


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