Rams - Grímur Hákonarson (2015)


Quando entrano in scena, Kiddi e Gummi, indossano maglioni a fantasie geometriche che sono uno il negativo dell’altro. Un dettaglio che ho trovato deliziosamente rappresentativo. Orgogliosi e duri di testa, come i montoni del titolo, i due fratelli non si rivolgono parola da 40 anni. La solita vecchia storia:  figliol prodigo e figliol mascalzone. Di comune hanno la cura affettuosa delle proprie pecore, pecore di razza pregiata, simili ad arieti. Sono la loro fonte di sostentamento, i loro animali da compagnia, l’unica testimonianza persino, in quella terra sublime ed inospitale, di un incedere vitale. L’abbattimento obbligatorio degli ovini, causa una malattia gravissima, genera differenti isterie. Gummi, riottoso e collerico, annega il dispiacere nell’alcol. Kiddi, indole metodica da compositore di puzzles, sistema ogni cosa con diligenza, addirittura esegue personalmente il massacro. Ma si tratta di una strategia: ha nascosto nello scantinato sette pecore e un montone.
Dunque, l’incolumità delle otto bestiole sembrerebbe il vero trainante emotivo e narrativo del film.
Punto focale è invece l’oscillante temperatura dei cuori. A riportare calore, in un commovente, necessario ribaltamento dei ruoli, sarà la pecora nera Gummi. E pur senza garanzia di scampo, quel disperato abbraccio finale, sorta di stringersi gemellare nell’utero, è uno splendido giuramento di resistenza.



(novembre 2015)

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