Swiss Army Man - Dan Kwan e Daniel Scheinert (Daniels) (2016)
“Swiss Army Man”, titolo
illuminante che potrebbe suonare in italiano come “coltellino umano svizzero”, non si presenta affatto bene. Svisceratamente demenziale, innegabilmente serio, indossa generi del tutto spaiati, sceglie tonalità considerate inabbinabili. E' una creatura cinematografica scioccante, piuttosto oscena e, credo, irrinunciabile.
C'è questo cadavere risorto cadavere, putrescente e pesante, seppur cosciente e parlante, che aiuta un naufrago a tornare alla vita. Proprio come un coltellino svizzero, si
rivela un condensato di molteplici funzionalità. La sua bocca fa sgorgare acqua
come una fontana, il suo pene in erezione funge da bussola, il suo culo emette
gas sufficiente a surfare il mare. Eppure davvero, in quest’esuberanza esilarante
e incommentabilmente weird, trovano spazio momenti di delicatezza
inimmaginabili.
In una società che nasconde con ostinata ossessione tutto ciò che è “trash”, tutto ciò che è inutile, obbrobrioso, imbarazzante, Manny, morto
rigettato dal mare come un rifiuto tra i rifiuti, spinge Hank, vivo reduce di
un’esistenza sbiadita, ad esporsi alla corrente: a condividere le proprie vulnerabilità. E così provocare scandalo divellendo la
superficie, uscendo allo scoperto. Subirà le sferzate del giudizio, certo. In compenso,
non vivrà più al buio.
(luglio 2016)
(luglio 2016)
Commenti
Posta un commento