La tartaruga rossa - Michael Dudok de Wit (2016)


Non vi era nulla da prendere alla lettera in “Father and Daughter”, breve meraviglia dell’ormai lontano 2000. Era necessario scavalcare una soglia, precipitare nella propria voragine di pensieri: dovevamo trovare noi stessi in una storia universale.  Lo spazio, il tempo, i gesti avevano trasgredito il mondo della figurazione, occupato il mio, redatto il paragrafo di un’intima ideale biografia. Ne aggiunge almeno un altro, ad anni di distanza, “La tartaruga rossa”, il primo lungometraggio di Michael Dudok de Wit. Ancora personaggi senza nome, senza segni particolari, quasi senza carne. No, non involucri da riempire, ma forme ardenti: hanno l’anonimia struggente delle creature arboree. M’obbligano a interrogarli, solo per chieder loro: cosa siete per me? Risponde, più forte degli altri, la tartaruga rossa. Ho dell’amore la ruvidezza fragile – mi confessa – e la spietata tenerezza. Sono la tua minaccia dolce, la tua prigione vitale. Il sentimento che strattonando ti trattiene e t’accarezza.


(gennaio 2017)

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