Speciale Twin Peaks 3 - I puntata - Un artigiano dell'assurdo
Premessa
Ho recuperato con qualche anno di ritardo la terza stagione di Twin Peaks, sentendo prima l'esigenza di parlarne, poi di scriverne. Senonché, mi sono scontrata con l'incapacità di mettere i pensieri nero su bianco in un elaborato unico e coeso. Da qui, l'idea di uno speciale a puntate, ciascuna delle quali sarà una breve riflessione su un particolare aspetto della serie.
Lasciatemi appuntare un'ultima cosa: senza le lunghe chiacchierate con A., non avrei pensato tutto ciò che ho pensato, né scritto tutto ciò che spero leggerete, di volta in volta.
Buona lettura.
Quando sogniamo siamo tutti dei registi geniali e visionari. Ma al
risveglio, il contenuto scioccante dei sogni ci appare impossibile da
rielaborare compiutamente, se non in resoconti esterrefatti e censurati, da
consegnare alle pagine di un diario o all'ascolto di parenti, colleghi, amici.
Le inevitabili amnesie, il pudore, gli assalti della concretezza quotidiana (e
tante altre tare) raramente ci consentono di rendere con efficacia narrativa le
immagini prodotte dalle nostre menti dormienti.
Lynch, insieme a pochi altri, riesce invece a restituire le strutture
perverse del mondo onirico. I suoi film ci sconvolgono proprio come il ricordo
dei sogni che abbiamo ideato e vissuto; pensiamo allora di lui: “questo sta fuori di testa”. E abbiamo
ragione: Lynch sembra davvero uscire dalla propria testa, osservarne i
meccanismi e prendere nota. Se è un folle, è un folle che sa esattamente quello
che fa, un sapiente artigiano dell’assurdo.
Le scene più impensabili di Twin
Peaks 3 rivelano un maniacale lavoro di preparazione, accostabile a quello di
un sarto che confeziona un vestito su misura, o di un falegname che assembla i
pezzi di un tavolo. L’assurdo di Lynch
ha sempre, emblematicamente, una parvenza materica, recuperata
dall'oggettistica, dal mobilio, dalle cose che tutti usiamo o conosciamo:
Margaret continua a divulgare i messaggi sibillini suggeritile da un ceppo,
Laura viene immessa nel mondo attraverso una sorta di corno musicale, le pagine
perdute del suo diario sono nascoste nella porta di un cesso, Phillip Jeffries
è un’enorme teiera fumante. Del resto non c’è niente di più surreale degli
oggetti che ci circondano ogni giorno: diamo per scontata la forma della
caffettiera, del cavatappi, del pettine, della ruota, eppure qualcuno un giorno
li ha sognati, e creati. G. Apollinaire ha scritto: “Quando l’uomo ha voluto
imitare il passo ha creato la ruota, che non somiglia a una gamba. Ha fatto così
del surrealismo senza saperlo”.
Alla prossima puntata.
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