La persona peggiore del mondo - Joachim Trier (2021)
I Francesi festeggiano l’ “anniversaire”, gli Inglesi il “birthday”, gli
Scandinavi il “fodselsdag”: in tutti i casi, al centro è la ricorrenza della
nascita. Curioso come noi, invece, celebriamo il “compleanno”, soffiamo sulle
candeline e su un’età conclusa, compiuta. Senonché la compiutezza non appartiene agli
uomini e ancor meno alle donne della mia generazione.
A trent’anni, Julie, norvegese, alle spalle un paio di corsi di laurea
interrotti, una famiglia accomodante ma scomoda, vive in una casa non sua con il compagno Aksel, più grande di lei e già proiettato verso una certa
stabilità. Non vuole figli e prova a scrivere, mentre lavora in un posto dove
la scrittura si vende, non si fa.
Guidata e dirottata dall’imperativo della Felicità, ambigua stella polare, Julie procede per tentativi, sceglie per esclusione, raccogliendo
attimi di beata allegria, mai di solida contentezza: fra tutte le sensazioni
della Felicità, quella più difficile e inconcepibile, con la sua pretesa di una
frontiera, un confine entro cui desiderare. Ed è, il nostro, un desiderio divenuto
grande e feroce, esasperato dalla promessa che possiamo avere di più:
qualcos’altro, qualcun altro ancora.
Julie, che non osa darsi tregua, immagina che il mondo si fermi, al
posto suo, per consentirle una mobilità senza conseguenze, senza ferite, né per sé né
gli altri. Ma al risveglio lo sente, lo sentiamo: siamo trentenni, siamo
le persone peggiori del mondo. Funamboli abituati alla precarietà,
all’incostanza, al crollo, sogniamo a volte la sicurezza di una vita stanziale, comoda e misurata. Ma ormai si è fatta
strada in noi la convinzione che fermarsi, per sempre, equivalga a cadere, a
morire. Per questo la morte diventa all’improvviso il nostro tabù più grande,
qualcosa che solo i ventenni possono ancora permettersi di nominare, senza rabbrividire, nei loro
discorsi esistenziali.
Per molti versi devastante, il film di Joachim Trier è però percorso da
una rincuorante tenerezza - la tenerezza di Julie per gli altri, talvolta
persino per se stessa - che dà senso e riconoscimento ai più irrisolti fra noi:
incontentabili e scontenti, volubili e capricciosi, eppure in una qualche
misura temerari, sfrontatamente umani. Perché errare è umano, e perseverare lo
è di più.
(marzo 2022)
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